A pochi mesi di distanza dalla dipartita del fratello, non essendosi mai ripreso da quell’avvenimento inatteso, anche Piero ci ha lasciato: non solo in senso fisico perché ci ha lasciato anche un immenso patrimonio culturale e morale, avendo rappresentato per tanti anni una vera e propria bandiera dell’Arma di Cavalleria, dell’Esercito e dell’Equitazione Italiana (“I 90 anni di P. d’Inzeo” 03/2013 – “La lezione di Piero”- “L’impegno del posteriore e la riunione”).
Ha impersonato, in modo unico, la classicità dell’arte equestre laddove, da d’Aure a Caprilli, l’equilibrio si ottiene attraverso l’opposizione della mano all’impulso (“L’importanza dell’impulso”).
Avendo avuto il privilegio di poter montare molti dei Suoi cavalli e di assistere, per molti anni, alle Sue lezioni posso affermare che è stato un cavaliere unico per le straordinarie qualità fisiche e culturali che l’hanno contraddistinto: aveva infatti ricevuto dalla natura un’attitudine fisica senza eguali e dal Padre chiarissimi i concetti che regolano l’impiego sportivo del cavallo ( mio Padre a P. di Siena nel ’73, mi disse: “guarda ed impara!”).
Fu tuttavia condizionato, durante tutta la carriera sportiva, dall’imperativo che gli era stato trasmesso dal Padre di dimostrare, per Suo tramite, che era il migliore non solo sul piano agonistico ma anche su quello tecnico: questo dover sempre “dimostrare” qualcosa ha inciso moltissimo sul Suo carattere, conferendogli, nel lavoro di preparazione dei cavalli, l’accanimento ed il puntiglio quasi astratto dei grandi maestri d’un tempo.
La Sua eccezionale capacità nello “spremere” i cavalli per ottenere da loro il massimo rendimento (Steinkraus nel suo libro la chiama “capacità di concentrare il lavoro”), gli ha consentito vittorie memorabili quali quelle ottenute nei gran premi di Roma ed Acquisgrana ma gli ha anche fatto commettere gravi errori quale la discussa preparazione per le olimpiadi di Monaco che pur aveva letteralmente in “tasca” salvo giocarsele con Graziano Mancinelli.
Ricordo l’emozione che provai da tenente allorquando scorsi la firma del Capitano d’Inzeo sui libretti degli automezzi del II gruppo squadroni dei “Lancieri di Montebello”.
E non potrò mai dimenticare l’emozione profonda che suscitavano i Suoi percorsi: perché erano l’espressione chiarissima di un’equitazione nella quale l’impulso non era mai troppo ed erano le Sue mani, definite “misteriose e ieratiche” dal grande Gianoli, a doverlo regolare. I Suoi interventi erano talmente discreti ed invisibili che durante la Sua prova “non volava una mosca”; tutti trattenevano il fiato in attesa di sciogliersi nell’immancabile applauso finale. Mai un altro cavaliere nel mondo è riuscito a creare quest’atmosfera surreale!
Poiché questa è diventata negli anni, almeno per i cavalieri militari, una religione sento oggi che per tutti coloro che hanno avuto l’onore di poter raccogliere quel messaggio vi è un imperativo categorico: quello di trasmettere i concetti ispiratori di “quella” Scuola perché è la NOSTRA scuola. Grazie Piero!
Carlo Cadorna
Allora , anche per ricordare Piero, a quando una libretta ,un manualetto ,per fissare i principi ,per quanto possibile della nostra Equitazione , del modo di montare e di addestrare i puledri ? .
Grazie
Timoteo
Caro Timoteo,
ha ragione: aveva promesso di farlo la FISE nel 1999 per bocca del V.Presidente nel corso di un convegno a Pinerolo, organizzato dall’ANAC di cui ero presidente. Senonchè ha mancato la parola data come dimostra l’attuale manuale FISE che non illustra affatto l’assetto caprilliano che costituisce la base. Avendo lasciato la presidenza mi sono mosso per sollecitare un manuale per l’equitazione militare da parte dello Stato Maggiore dell’Esercito. Questa opzione è ancora aperta e sarebbe la soluzione migliore e più autorevole perché darebbe una continuità alle istruzioni per la cavalleria. Tenga presente che la cavalleria attuale ha riscoperto l’uso del cavallo per le attività esplorative in terreni difficili (Afganistan)perché sono più efficaci e costano infinitamente meno dell’uso dei mezzi aerei moderni. Per quanto mi riguarda, nell’era di internet e degli E-book, mi pare fuori tempo la redazione di un libro. In questo sito trova tutto quello che riguarda l’equitazione naturale evoluta a cominciare dalla descrizione dell’assetto (“L’assetto in sella”). Non troverà su nessun manuale moderno la descrizione della funzionalità dell’assetto come spiegata nell’articolo richiamato: esso costituisce la sintesi logica di quanto hanno scritto alcuni autori indicati nell’articolo “Didattica equestre” e degli insegnamenti che ho avuto dai miei istruttori qualificati a cominciare da mio Padre. Tutto quanto scrivo fa parte di un tutto logico nel quale, quindi, ogni prescrizione ha una ragione razionale. Se c’è qualcosa dell’Equitazione che non comprende non ha che da segnalarmelo: sarà mia cura spiegarLe quello che si deve fare e.. perché.
Avrà notato che, anche dietro segnalazione di un attento lettore, ho cominciato ad ordinare meglio il contenuto del blog (Indice) e ad aumentare il numero degli articoli richiamati; potrà trovarli anche scrivendone il titolo sul motore di ricerca in alto a destra. Infatti, poiché è un TUTTO logico, questo sito bisognerebbe leggerlo tutto o almeno gli articoli tecnici; come minimo (insufficiente) quelli richiamati. Aggiungo che sono disponibile ad effettuare degli stages, senza alcun fine commerciale, purchè ben organizzati in relazione al mio scopo che è quello di diffondere in ambienti qualificati la buona equitazione.
I suoi suggerimenti sono apprezzati ed utilissimi e spero voglia aggiungere qualcuna delle sue esperienze sotto la guida del Col. Piero D’Inzeo
Grazie per il suo contributo all’equitazione.
Adolfo Sandri Poli
La ringrazio per l’apprezzamento che mi è veramente gradito: l’equitazione che mi sforzo di descrivere è sostanzialmente la stessa di Piero: devono essere aggiornati soltanto i metodi di preparazione e la progressione del lavoro per essere compatibili con il benessere del cavallo. Ancora oggi vi sono delle circolari utilizzate dalla FISE per tenere i corsi dei giudici nelle quali il ritmo viene messo prima della decontrazione: è chiaramente errato perché il cavallo non deve lavorare MAI in contrazione, pena lo sviluppo di compensazioni muscolari. La decontrazione si ottiene con la mezza fermata: il problema è che il 95% dei cavalieri italiani non sa nemmeno cos’è!
La tristezza e la commozione sono mitigate dal pensiero, anzi dalla certezza, che è nuovamente con Suo fratello, con i Loro cavalli. Col Loro padre.
E si sono separati dall’amarezza di vedere come è ridotta l’equitazione ufficiale italiana e dall’inadeguatezza dei suoi dirigenti, che non mancheranno di esprimere il proprio cordoglio di facciata, forse a caccia del riflesso di notorietà.
Se ne va la componente fisica dei sogni di molti di noi, resta intatto lo stupore dell’averLi visti montare. Un grazie dal profondo.
giuseppe maria de nardis
Non ho chiaro lo scopo dei cordini attaccati al fascione e nei pressi della bocca del cavallo ( come? , sono parzialmente nascosti ) che si vedono nelle foto de IL CIRCOLO. Cosa ne pensa inoltre dell’uso dello chambon nel lavoro alla corda ?,
C’è un modo corretto ,per la fisiologia del cavallo ,di farlo appoggiare di bocca già durante la fase del lavoro alla corda ?grazie.
Premesso che in equitazione ho sperimentato tutto (o quasi) perché in quella direzione mi porta il mio carattere, nel lavoro non si può prescindere dai principi della fisiologia: i muscoli si sviluppano quando si contraggono e non quando si estendono. Quindi lavorare un cavallo senza redini non ha senso: lo si muove e può fare della ginnastica ma non del lavoro che consiste nella costruzione dell’impulso. Nel lavoro del cavallo scosso, che io sappia, c’è un solo modo per applicare le redini rispettando le esigenze dinamiche del cavallo che consistono essenzialmente nel libero uso dell’incollatura: quello in uso alla Scuola di Pinerolo (e che sostanzialmente usava anche Piero d’Inzeo) dove le redini sono applicate come uno chambon. Partono dai laterali, passano nel sottogola (alquanto allentato) e si agganciano al ferro: passando nel sottogola esercitano un’azione sulla nuca simile a quella dello chambon. Le redini devono tendersi soltanto quando il cavallo alza molto la testa(contro la mano). E’ il cavallo che le deve tendere in avanti costruendo la muscolatura dorsale che passa ai lati dell’incollatura (Legga “La progressione nell’ addestramento”). La redine interna più corta per consentire al cavallo di arcuarsi e, quindi di flettere l’anca interna portandola sotto la massa. Le variabili di questo metodo, che sostituisce all’80% il lavoro montato ed insegna al cavaliere ed al cavallo il meccanismo della mezza fermata, sono la lunghezza delle redini e la distribuzione del lavoro. Lo chambon è uno strumento rigido, quindi potenzialmente pericoloso con cavalli sensibili, che agisce sulla nuca del cavallo: quando il cavallo cede, la linea dorsale non può più contrarsi. Può avere una certa utilità soltanto al passo allungato se è regolato in modo che l’incollatura resti in posizione naturale. Applicato corto è uno strumento di tortura così come il gogue e le redini di ritorno.
Chiarissimo,grazie.
Timoteo
Sig. Colonnello,
la migliore delle maniere, secondo me, per ricordare il Col. Piero D’Inzeo è quella che è avvenuta oggi al Suo funerale, dove, come abbiamo fatto noi incontrandoci, un po’ tutti parlavano della Sua bella e grande equitazione e di cavalli.
E questa Tua rivista ne è la prova: nel ricordarlo tutti Ti chiedono consigli sulla Sua equitazione. Evidentemente, conoscere i cavalli e montare bene è una maniera per andare (con il cuore) oltre gli ostacoli ed anche oltre la morte.
Filippo Gargallo
Hai colto l’essenza: ho detto alla moglie che è stato per tanti anni il nostro punto di riferimento, E CONTINUERA’ AD ESSERLO!!!!!! Credo che sarebbe contento se sapesse che sotto il Suo ricordo abbiamo fatto questa bella discussione tecnica!
Caro Carlo,
non è che adesso ho preso gusto a scrivere e “rompo” ogni volta, lo faccio perché temo che la tua risposta a Timoteo del !5 feb. possa essere equivocata.
Dici che i muscoli si sviluppano quando si contraggono e non quando si estendono.
Io direi che i muscoli contraendosi si rafforzano e non si sviluppano. Un muscolo “giovane” che venga solo contratto si rafforza e non si sviluppa.
Conseguentemente la muscolatura del cavallo giovane deve prima di tutto essere allungata e poi contratta. Prima la distensione, poi la riunione.
Tutto ciò è naturalmente ovvio per te, ma altri…
gdm
Caro Giuseppe,
Ti devo tirare amichevolmente un orecchio perché, anche Tu, leggi soltanto qualche articolo e ritieni di conoscere il blog. Se leggi l’articolo di base “Riflessioni ed esperienze sull’addestramento del cavallo” e “Equitazione: tecnica, rispetto, sicurezza” troverai scritto che i muscoli, per potersi contrarre, devono prima distendersi….. Però, non pentirTi di avermi scritto e continua anche senza un orecchio…! Gli articoli scritti nel marzo 2011 costituiscono il quadro di riferimento del sistema di equitazione naturale: poi sono sceso e scendo sempre più nel dettaglio.
Questa vitalità è il modo migliore di tenere in vita “la lezione di Piero”.
Trovo utilissima l’idea, se possibile, di creare link che rimandino direttamente agli articoli del blog. Sarebbe straordinario se i link potessero riguardare anche filmati (forse Youtube?), così da poter meglio comprendere le osservazioni sulle diverse tecniche di monta e le conseguenze sull’atteggiamento dei cavalli: mi vengono in mente i confronti tra Carl Hester ed Edward Gal ad esempio, oltre che nelle altre discipline. Citare Hester mi rimanda all’articolo “Una scelta strategica” per due ragioni: la prima attiene alle grandi qualità del cavaliere inglese quale uomo di cavalli e maestro, infatti ha creato lui il binomio medaglia d’oro olimpica e non ha mai pensato di montare lui Valegro di cui è comproprietario. La seconda riguarda il “nostro miglior cavaliere di completo”, Vittoria Panizzon, vera donna di cavalli: pochi giorni fa è morto il suo Rock Model, 19 aa., per un attacco cardiaco, un cavallo che è stato fermo per zoppia dal 2009 al 2011, e che era stato recuperato al più alto livello grazie alle cure ed a tanto prato, cioè rispetto dei tempi di guarigione.
Ho avuto la fortuna di vederlo nel 2012 a Montelilibretti e chi volesse lo può rivedere cercando il filmato su Youtube (Panizzon Montelibretti).
giuseppe maria de nardis