Al termine di ogni quadriennio olimpico si svolgono le elezioni allo scopo di decidere, con metodo democratico, chi guiderà il nostro sport nel percorso verso le prossime olimpiadi .
In Francia le elezioni sono previste per il 24 novembre p.v.(via internet): in Italia non si sa perchè il CONI, che ha il compito di esercitare il controllo sullo sport, consente di ritardare le elezioni fino a Marzo.
Questa disposizione, ben si comprende, non va a vantaggio dello sport nè della democrazia perchè il nuovo eletto (se è nuovo) si troverà a dover organizzare la preparazione con alcuni mesi in meno: tenendo conto che nel nostro sport il vero atleta è il cavallo che ha delle esigenze di preparazione atletica ben più complesse dell’uomo, appare chiaro che questa disposizione va a vantaggio della politica e non certo dello sport, quello vero.
Inoltre è rimasto aperto e non risolto il problema della democraticità. La legge che regola le società sportive stabilisce che i rappresentanti di categoria (cavalieri, proprietari e tecnici) ed i presidenti, cioè quelli che votano, devono essere eletti in apposite assemblee di categoria che devono svolgersi presso le società sportive sotto la vigilanza e la responsabilità dei comitati regionali.
Ma questa prassi prevista dalla legge non va bene ai comitati regionali che preferiscono il metodo omertoso della cooptazione: infatti, questo garantisce loro il potere di influire, in modo decisivo, sull’elezione della presidenza nazionale.
Poichè “chi è causa del proprio mal pianga se stesso”, i tesserati che con il loro denaro mantengono la FISE non aspettino le elezioni per lamentarsi che tutto è rimasto come prima: si può bersagliare con le mail il ministero per lo sport, si possono presentare degli esposti per le violazioni di legge, si può scrivere ai giornali che di queste notizie sono ghiotti e ritardare il pagamento delle tasse annuali fino al compimento delle assemblee.
Infatti, la situazione del nostro sport non è certo allegra, soprattutto se valutata nel contesto europeo. Mentre i principali paesi europei hanno, negli ultimi vent’anni, triplicato i numeri dei tesserati effettivamente coinvolti nelle manifestazioni sportive, in Italia i numeri effettivi sono rimasti sostanzialmente gli stessi ed il pubblico è diminuito, anzi, ad essere sinceri è effettivamente scomparso.
A fronte di questa situazione, i cavalieri con qualche talento e possibilità sono emigrati all’estero: la cosa più grave è che non è ancora stata pubblicata dalla FISE un’attenta analisi delle cause di questo autentico disastro ma, al contrario, si cerca di mascherarle sopratutto nel settore più caldo che è quello giovanile.
Avendo lavorato nell’organizzazione federale conosco bene queste cause: un ricco imprenditore che aveva dei figli impegnati a livello giovanile mi disse che aveva lasciato il nostro sport e mandato i figli a giocare a golf. “Non posso sopportare di essere truffato da un finto istruttore che fa il commerciante senza scrupoli”: questa la giustificazione.
Il problema è noto da moltissimi anni tanto che il grande giornalista Lucio Lami ne aveva fatto il fulcro dell’azione politica del Suo “Lo Sperone” (“La situazione dello sport equestre in Italia”).
Ad aggravare il problema è stata anche la confusione tecnica conseguente al varo dell’attuale manuale tecnico che tale non è perchè non definisce nei dettagli nemmeno le funzioni dell’assetto del cavaliere ed il sistema introdotto per la formazione degli istruttori, utile soltanto per far incassare alla FISE molti denari: in sostanza la qualifica di istruttore è stata messa in vendita e può essere comprata (“La formazione equestre”).
Gli istruttori devono, tutti, avere la conoscenza della materia equestre che ha effetti decisivi sul benessere del cavallo: invece l’esperienza deve essere proporzionata al livello della qualifica. Invece oggi conoscenza ed esperienza vengono confuse: è stato Henk Nooren, in un’intervista al mensile L’Eperon, a dichiarare che la conoscenza si va perdendo (“La selezione dei giudici di completo e dressage”).
La maggior parte delle persone che si agitano nel mondo equestre di conoscenza non ne hanno nemmeno l’ombra ma sventolano la loro presunta esperienza dimenticando che essa ha valore probatorio soltanto nello scambio di cavalli.
Pensate al cavaliere Al Sharbathly, svillaneggiato in televisione come rappresentante del terzo mondo, deriso durante il riscaldamento dei cavalli, che, senza un errore ingiustificabile dello chef de piste (la gabbia contro luce), avrebbe vinto il campionato del mondo!
Questa è la conoscenza nel nostro ambiente: figuriamoci quindi qual’è al di fuori di esso.
Il grande pubblico è stato condizionato negativamente in passato anche da fattori ideologici: per promuovere la pratica dell’equitazione bisogna spiegarla con parole semplici che partano dai tre fattori determinanti. Nell’ordine, la decontrazione, l’equilibrio e l’impulso.
Inoltre la FISE dovrà recepire nei suoi regolamenti il nuovo Codice Etico degli Equidi.
Sono questi i temi che condizionano il futuro della nostra equitazione e che, credo, dovrebbero costituire argomento di dibattito tra i candidati alla presidenza. Purtroppo ho la sensazione che se ne parlerà poco o niente e continuerà ad essere così fino a che sopravviverà la logica del potere per il potere.
Carlo Cadorna
Ottimo articolo