Benessere del cavallo Lettera aperta …Mi spiace innanzitutto per il tempo che é intercorso tra questa mia risposta e alcune richieste di intervento relativamente ad un argomento che, come sapete, ritengo prioritario e che riguarda la salute e il benessere dei cavalli e l’opportunità di verificare costantemente tali aspetti.
Come ho avuto modo di rappresentare, quest’ultimo é stato per me un periodo particolarmente duro e complesso: per le diverse problematiche che ho posto in ambito federale e che spero potranno trovare opportuna soluzione ma soprattutto perché ho perso la mia cavalla, Daty.
Straordinari momenti di sport ma soprattutto venti anni insieme! Un grande dolore, un componente della famiglia che non c’é più…Un percorso vissuto profondamente che costituisce anche un esempio che conferma l’importanza della corretta gestione del cavallo che non può non passare anche per gli aspetti che Tu hai rilevato.
Una cavalla di origine olandese, ottima genealogia, straordinaria indole e grande carattere -che le ha consentito anche di superare fino a tarda età tante problematiche di salute. Arrivata in Italia, probabilmente scartata da altri circuiti, supera di massima la visita medico-veterinaria; si lavora, si va in concorso, sempre con grande parsimonia, ottimi risultati ma, dopo qualche tempo, iniziano i problemi;
accertamenti medici, trattamenti, interventi, poi di nuovo in lavoro, poi ancora problemi e allora decisi: paddock, box di notte e quando le condizioni meteorologiche lo rendono opportuno, un minimo di lavoro a terra per mantenere la muscolatura e negli ultimi anni solo passo a mano, erba, alimentazione calibrata, governo rigorosamente quotidiano, passeggiate; conversazioni e amicizie con i suoi colleghi cavalli e coccole umane ogni volta che mi é stato possibile, compatibilmente con gli impegni di lavoro e con la necessità di occuparmi (forse è meglio dire “lottare e arrabbiarmi”) relativamente alla tutela della salute e del benessere di TUTTI i cavalli e degli equidi in generale, cosa che mi ha portato spesso lontano da lei e dai miei altri compagni animali.
Non é un rimpianto, perché probabilmente, se potessi tornare indietro, dividerei il mio tempo tra lei e i cavalli da tutelare nello stesso modo ma il pensiero dei momenti insieme persi e la sua scomparsa sono fonte di profonda tristezza e di un dolore nel cuore che -lo ammetto con poco pudore- ancora si trasformano in lacrime ogni volta che ci penso, come anche ora che ne sto scrivendo… Spero dunque si possa comprendere perché, in questo caso, ho impiegato più tempo del mio solito a rispondere. Ecco, se Daty e tanti altri cavalli fossero stati correttamente gestiti sin da giovani, sia in allenamento che nella programmazione delle gare, la loro attività sportiva sarebbe stata certamente più longeva, avrebbero sofferto di meno, una serie di patologie ulteriori non si sarebbero verificate e molto altro.
Quanto sopra é cosa opportuna sotto il profilo etico, del benessere dell’atleta e dell’animale, ma anche sotto il profilo tecnico sportivo ed economico. Il lavoro impostato con il cavallo dal cavaliere e dall’istruttore non si perde, l’armonia del binomio cresce e dà risultati migliori e duraturi, il cavaliere, i genitori e la sua famiglia restano più vicini e in armonia con il mondo sportivo equestre perché non sono turbati né allontanati da certe dinamiche poco etiche, la classe medico-veterinaria, come tutta l’ampia e articolata filiera del cavallo -dai produttori di mangini e integratori, alle sellerie, ai trasportatori- istruttori compresi, lavorano e guadagnano perché le loro professionalità sono indispensabili per il proseguo dell’attività sportiva del cavaliere e del cavallo.
Se si procede con etica, trasparenza e armonia, tutte le categorie coinvolte ne traggono giovamento e, più di tutti, gli sport equestri. Secondo i valori formatori dello sport e i principi espressi dal CIO, dal CONI e dalla FEI, l’opportuna formazione, la corretta gestione e la tutela dell’atleta sono inviolabili e fondamentali. La FISE riconosce e tessera due categorie principali di atleti che costituiscono il binomio: il cavaliere e il cavallo.
Ad entrambi gli atleti vanno quindi riconosciuti diritti e tutele. Abbiamo ribadito l’importanza di quanto sopra anche a partire da marzo dello scorso anno con l’iniziativa, anche editoriale, “Principi di tutela e di gestione degli equidi” che personalmente curo e che riunisce il Ministero della Salute, il CONI, il Comitato Italiano Paralimpico e la FISE per un’azione congiunta volta proprio all’affermazione di diritti e tutele del cavallo quale essere senziente, atleta e co-terapeuta.
La corretta relazione con il cavallo, la sua adeguata e programmata gestione psicofisica, la conoscenza anche scientifica delle sue modalità di apprendimento e di interazione con l’ambiente sono strumenti fondamentali per tutelarne il benessere ma anche per raggiungere i migliori risultati sportivi ed agonistici nell’ambito delle varie discipline e attività praticate a qualunque livello.
In analogia con quanto avviene con l’atleta umano, non puó che essere opportuno introdurre il principio del controllo periodico annuale della salute dell’altro atleta che é il cavallo attraverso uno specifico accertamento medico-veterinario, premesso che la cura dell’animale deve essere quotidiana.
Quello che altresì va fatto é studiare e concertare con tutte le categorie coinvolte le opportune modalità affinché tale controllo annuale sia una modalità propedeutica alla corretta gestione del cavallo, connessa al tipo e al livello di attività sportiva o terapeutica che lo coinvolge, alla sicurezza di cavalieri, proprietari, comitati organizzatori e ufficiali di gara sulle condizioni di salute dell’animale, e non si traduca in un atto burocratico o semplicemente una questione di spesa e guadagno per le categorie coinvolte come a volte abbiamo visto accadere in diversi ambiti.
Resta fermo che il cavallo atleta, proprio in quanto tale, non può essere destinato alla filiera alimentare. A tale proposito, confermo sin da ora la mia disponibilità ad operare da subito in tal senso con il coinvolgimento attivo delle categorie interessate. Spero dunque sia chiara la mia posizione sulla questione specifica ed i motivi per cui, in questa occasione, ho impiegato più tempo del mio consueto a dare una risposta.
Un caro saluto, Eleonora di Giuseppe
^^^^^^^^^^^^^^^^^
Come è specificato nella presentazione della Striglia, il benessere del cavallo rappresenta, in ordine d’importanza, il primo nostro obiettivo: perché riteniamo che vi sia una perfetta identità tra di esso e la condizione ideale per partecipare alle competizioni ed ottenere risultati duraturi.
La Dott.ssa di Giuseppe ha fatto molto per i nostri cavalli, operando in modo che le Istituzioni varassero il Codice di Tutela degli Equidi, uno dei regolamenti migliori, a livello mondiale, nella difesa della dignità dei cavalli.
Ma vorremmo che il Codice fosse applicato con rigore: il punto focale della questione è rappresentato dall’esigenza imprescindibile che la decontrazione muscolare sia il presupposto di un addestramento corretto e non la conseguenza come pure è(od era) scritto sui manuali FISE. Fino a che questo aspetto non è ben chiarito, con tutte le sue conseguenze (divieto dell’uso delle redini ausiliarie) tutto quanto è stato realizzato è, di fatto, inutile.
Questo perché nel momento stesso nel quale i muscoli vanno sotto sforzo (contrazione) essi iniziano a ricercare compensazioni che riducano quello sforzo. Le compensazioni tendono a diventare croniche ed il cavallo è finito, spesso ancora prima di iniziare l’attività prevista.
Pensate alla maggioranza dei cavalli da corsa: gli allenatori pensano soltanto a farli galoppare dimenticando che il presupposto della velocità è l’equilibrio. L’Ippica italiana è fallita e mi pare giusto che sia così dal momento che non ha alcun diritto di usufruire di sovvenzioni pubbliche!
Il controllo annuale dei cavalli è, in teoria, una buona idea: nella pratica bisogna controllarne il costo-efficacia.
Perché non cominciare invece a pretendere dai presidenti di giuria una carta di avvertimento per tutti quei cavalli che manifestano, durante l’impegno agonistico, delle difese con il loro linguaggio(orecchie, coda, calci etc…).
I tempi, anche e soprattutto a livello internazionale, sono maturi perché la FISE prenda dei provvedimenti incisivi allo scopo della salvaguardia dell’integrità dei cavalli: infatti il Comitato Olimpico Internazionale ha giudicato negativamente le olimpiadi di Londra (che sono state le migliori!) e pretende, da subito, un formato delle gare più semplice ed una partecipazione più universale.
Sono esigenze contradditorie, non facili da mettere in pratica: infatti allargare la partecipazione significa oggi ammettere delle nazioni che non sono all’altezza. Ho visto il concorso di Al Ain ed è stato uno spettacolo pietoso anche se il bravissimo Uliano ha cercato di rendere i percorsi facili, compatibilmente con le altezze previste (160).
La FEI dovrebbe fornire degli istruttori validi a queste nazioni, altrimenti non cresceranno mai veramente. Non è detto che debbano essere famosi e costosi: anche in Italia vi sono tanti ottimi istruttori di base di grande esperienza, spesso poco conosciuti.
Il CIO ha posto anche un limite numerico alla partecipazione olimpica (200): questo significa che si dovranno formare squadre di tre cavalieri + eventualmente uno di riserva.
Nel completo (che cambierà nome – triathlon equestre ?-) questo comporterà la disputa del S.O. prima del cross-country: la FISE dovrebbe chiedere che almeno, al termine di questo, siano verificati dei parametri ben precisi allo scopo di escludere l’eventuale affaticamento del cavallo (causa di eliminazione).
Nel S.O. bisognerà tener conto del parere degli sponsors che, unitamente ai fans ed ai media rappresentano il sostegno, anche finanziario dei cavalieri: altrimenti come potranno rinunciare al molto più lucrativo GCT a favore di Coppe e Campionati disputati in tre su di una formula di gara poco attraente perché aperta a tutti?
Carlo Cadorna