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COSA FARE QUANDO MUORE UN CAVALLO

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Purtroppo continuano a verificarsi dei gravi incidenti nei quali i nostri compagni di sport perdono la vita.

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Come ho già scritto, l’unico modo per evitarli è quello di migliorare la loro preparazione fisica così da farli diventare dei veri atleti: risultato che si può ottenere soltanto con il rispetto della meccanica naturale del cavallo e con la sistematicità del lavoro (“La sistematicità del lavoro”).

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L’equitazione affonda le sue radici nelle istituzioni militari: il cavallo era considerato un soldato a tutti gli effetti con relativo foglio matricolare che ne raccontava tutta la carriera. Di conseguenza era considerato un punto d’onore che il sacrificio di un soldato non fermasse il compito programmatico che l’istituzione si era data.

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Il distacco del nostro sport dalla tradizione militare è stato spesso contradditorio: veloce quando non avrebbe dovuto esserlo per non perdere l’essenza dottrinale.   Lento nelle consuetudini anche quando queste non avevano ormai nessun contatto con la realtà attuale: è proprio il caso in questione dal momento che oggi il cavallo non è più un soldato ma il nostro compagno di sport e l’atleta principale.

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Se in una competizione di scherma o di pugilato muore un atleta la gara viene sospesa. Non vedo quindi alcuna ragione perché non si debba fare altrettanto negli sport equestri: anche a significare che i cavalli sono un patrimonio di tutti i veri cavalieri e non certo soltanto di quelli che li montano.

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Voglio dire che l’addestramento migliore o peggiore di un cavallo ci riguarda tutti perché riguarda l’amore ed il rispetto che tutti i cavalieri dovrebbero avere per il loro compagno di sport.

Carlo Cadorna

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