Questo è un argomento chiave perchè su di esse si gioca e si mette alla prova l’arte equestre.
La giusta equitazione deve favorire la copertura dello spazio da parte del cavallo che si manifesta con falcate sempre più ampie: oggi il controllo del cavallo è una necessità assodata e condivisa. Di conseguenza le gare si vincono diminuendo i tempi di galoppo.
Su questo vi è condivisione nel mondo equestre ma non mi sembra che vi sia una sufficiente chiarezza sulle modalità addestrative per arrivarci.
Infatti vi sono due scuole che si confrontano: a prescindere dalle mie convinzioni tecniche, alcuni anni fa ho potuto assistere a due stages consecutivi, con gli stessi partecipanti, organizzati su due giornate di lavoro in piano ed una di percorso, tenuti da una famosa amazzone inglese e da Raimondo d’Inzeo.
Tutto quanto effettuato i primi due giorni è stato agli antipodi: l’inglese parlava di riunione e metteva esercizi con le distanze strette mentre Raimondo metteva distanze larghe. Il risultato nel terzo giorno ha chiaramente dato ragione a Lui perchè i cavalli erano trasformati.
Le motivazioni vanno ricercate nel fatto che, quando il cavallo si sa estendere, si riunisce facilmente mentre è impossibile per un cavallo che si ritiene.
Ma un cavallo non si può estendere se prima non lo fa la sua linea dorsale: questa costituiva la prima lezione nei corsi internazionali per i giudici (ma oggi molti se ne sono dimenticati)! Come dire che, per mantenersi esteso, un cavallo ha bisogno di un cavaliere che non interferisca con il movimento dell’incollatura e della schiena, esattamente come avviene per il salto.
Ne discende che la qualità dell’assetto è essenziale: troppi cavalieri non se ne rendono conto e vanno a ricercare soluzioni estemporanee che non esistono. Vi sono infatti delle distanze reali (3 e mezzo in S.O. e 4 in campagna, orientativamente) dalle quali non si può prescindere perchè sono nella natura della maggioranza dei cavalli.
Ed è soltanto su queste distanze che si può verificare l’effettiva capacità dei cavalli di centrare la parabola sui salti che costituisce la controprova del loro addestramento effettivo.
Ecco quindi perchè, senza un assetto che assecondi completamente il cavallo, questo non può sviluppare una muscolatura che sappia estendersi senza sforzo. E quando la muscolatura non è ben preparata ad estendersi, se costretta, si “stirerà” e non potrà poi contrarsi adeguatamente.
L’ho imparato osservando un percorso di campionato concepito da P. d’Inzeo che iniziava con distanze relativamente corte per proseguire su quelle gradualmente andanti: 100 partenti, 99 percorsi perfetti! Questi concetti devono presiedere allo svolgimento del lavoro in piano giornaliero e dovrebbero costituire le basi nella concezione dei percorsi perchè lo scopo dei direttori di campo deve essere il progresso addestrativo dei cavalli prima ancora della loro selezione.
La conseguenza di quanto precede è che il cavaliere deve ascoltare il cavallo, sopratutto nella rispondenza della sua muscolatura che dovrebbe consentirgli di essere unito ed in avanti. Tra l’altro, soltanto ascoltando la muscolatura contenuta negli aiuti, si può rilevare sul nascere le difese ed intervenire per evitarne la manifestazione: ne ha dato una bella dimostrazione D. Lindelow a Dublino!
A questa regola si può derogare soltanto nella misura nella quale lo sviluppo e l’allenamento muscolare sono perfetti: ma dove sono oggi tali cavalli? Si dedica troppo poco tempo alla preparazione del singolo cavallo (mediamente 40′) e si tende a lavorare sempre nello stesso luogo.
Molti hanno un concetto errato del riscaldamento necessario: sta di fatto che nelle coppe delle nazioni i cavalli ben preparati vanno meglio nel secondo percorso. A questo proposito ricordo l’interessante esperimento del Col. Reitano in collaborazione con il CONI.
Invece moltissimi cavalieri di oggi cercano le distanze intervenendo sul cavallo come fosse una macchinetta a loro disposizione: la maggior parte degli errori hanno questa causa perchè gli interventi dovrebbero essere sfumati e, comunque, lontani dall’ostacolo.
Bisogna invece scegliere una cadenza adatta al percorso (se il cavallo è in grado di mantenerla – altrimenti quel percorso non è producente) e cercare di mantenerla curando la ricerca dell’impulso: come per incanto tutti i problemi di distanza scompariranno perchè l’impulso risolve e compensa tutto (o quasi !): questa era la lezione di P. d’Inzeo e credo proprio che avesse ragione dal momento che, ancora oggi, detiene il record di vittorie nel GP di Aachen!
Abbiamo potuto vedere, nella coppa di Dublino, diversi cavalli aggiustarsi da soli la distanza nell’affrontare la difficile gabbia dopo la riviera: dimostra la bravura del direttore di campo perché quando il cavallo si aggiusta da solo impegna i posteriori come in nessun’altra occasione.
Carlo Cadorna
Esposizione perfetta!
Grazie!!!!
Spiegazione precisa e chiara, perfetta