Questo lavoro viene utilizzato da due secoli nelle Accademie Militari Equestri, con grande vantaggio: la ragione sta nel fatto che il cavaliere si trova a terra e quindi la qualità del suo lavoro non è legata a quella del suo assetto (capacità di trovare l’equilibrio sulle staffe rispettando la libertà dell’incollatura e delle reni del cavallo) ma unicamente a quella della sua mano: quindi una modalità per disgiungere le due componenti (mano ed assetto) della formazione di un cavaliere che poi si potranno abbinare con maggiore
facilità. Il lavoro del cavallo – atleta ha per scopo quello di insegnargli ad utilizzare le sue leve posteriori allo scopo di poter utilizzare la massima SPINTA verso l’avanti/alto. Questa capacità gli offre la possibilità di coprire spazio e di saltare senza sforzo riducendo il salto ad un semplice tempo di galoppo. La mancanza di sforzo assicura il BENESSERE e la massima durata del cavallo.
Il lavoro a mano si inizia camminando a fianco del cavallo e si termina, quando sia stato acquisito un grande controllo della struttura del cavallo, allungando le redini con una longhina e collocandosi subito dietro le anche del cavallo allo scopo di poterne controllare più agevolmente la FLESSIONE: è essa infatti ad assicurare la SICUREZZA del cavaliere perchè , se le anche sono flesse in avanti, il cavallo non può calciare indietro. Questa sicurezza viene meno se, per qualche ragione estranea al lavoro specifico, il cavallo si spaventa ed esce dal controllo del cavaliere mettendosi di traverso e facendo così venir meno la tensione dorsale che determina la predetta flessione.
Ho imparato l’utilità di questo lavoro prima di tutto osservando quello che faceva Piero d’Inzeo: Egli infatti lo utilizzava moltissimo seppur in modo molto semplice, impiegando dei soldati che di equitazione nulla sapevano.
Ho iniziato quindi ad utilizzare anch’io un soldato, addestrandolo allo specifico impiego: questo ha coinciso con il periodo più fortunato della mia vita equestre agonistica.
Non è certo un caso perchè questo lavoro permette quello che nel lavoro montato è prerogativa soltanto di buoni cavalieri con molti decenni di esperienza: “fare la bocca” al proprio cavallo. Con questo termine si indica l’istruzione riservata alla bocca del cavallo quale terminale della trasmissione dell’impulso per il tramite della linea dorsale.
Come già scritto negli articoli dedicati all’addestramento, la bocca del cavallo deve mantenere l’appoggio con la mano che cede ma deve cedere con la mascella inferiore se la mano resiste tornando a cercare l’appoggio più in basso: queste risposte della bocca assicurano la completa decontrazione se avvengono in una situazione di grande impulso (tensione dorsale).
Il cavaliere deve impugnare le redini corte e pari mettendo il dito indice nel mezzo. Può in questo modo valutare correttamente se il cavallo è diritto: l’appoggio deve essere franco dalle due parti con un contatto leggero. Se una parte è troppo forte è su di essa che va esercitata la resistenza allo scopo di ristabilire un contatto leggero dopo la cessione.
Se invece l’appoggio è pari, si può aiutare la completa decontrazione con delle leggere rotazioni del polso in corrispondenza della posata degli anteriori.
Il filetto va utilizzato senza chiudibocca, ma eventualmente con capezzina inglese o tedesca non troppo stretta. Con cavalli rigidi e violenti, consiglio le prime volte di usare un morso e filetto ben adattato(il cavallo deve appoggiarsi con fiducia sul filetto) impugnando le redini incrociate.
Allo scopo di assicurare l’impulso si può utilizzare un itinerario gradito al cavallo, oppure assicurarlo con una frusta lunga impugnata con la mano sx o ancora utilizzando l’aiuto(con la frusta) di un’altra persona. L’essenziale è che la tensione dorsale sia sempre alta.
Allo scopo di ottenere risultati evidenti bisogna protrarre questo lavoro per almeno un’ora, preferibilmente su terreno consistente e regolare: da questo lavoro si può imparare moltissimo nel rapporto con il cavallo. I cavalieri inesperti guadagnerebbero molto tempo praticando questo lavoro con un cavallo addestrato.
Può essere completato chiedendo numerosi alt, qualche passo indietro e qualche passo laterale sino ad ottenere che i posteriori si incrocino.
Con un cavallo avanti di lavoro si potrà sentire la cadenza, memorizzarla e trasmetterla ai cavalli meno progrediti.
Con un cavallo già sottomesso, si potrà completare l’addestramento del cavallo mettendolo, al passo, in un circolo di 8 metri, la longhina attaccata ad una ciappa che colleghi l’anello interno a quello esterno. Il cavallo si deve tendere nella mano e raggiungere la cadenza flettendo le articolazioni posteriori alte: bisogna insistere alla mano nella quale tende ad affrettare.
Con un cavallo avanti di lavoro il cavaliere può lavorare a mano con la longhina abbastanza lunga, in modo da trovarsi dietro alle anche del cavallo. La sicurezza del cavaliere è assicurata dalla flessione delle anche, ottenuta abbinando la tensione dorsale con la cadenza. Il cavallo che all’inizio dovrebbe tirare sulla mano, non tira più (perché la flessione delle anche gli ha consentito di mantenere la cadenza) ma mantiene la tensione: per farlo deve essere aiutato dalla mano del cavaliere che deve seguire non soltanto l’oscillazione verticale ma anche quella laterale. Il cavallo deve flettersi leggermente in corrispondenza dell’anteriore che avanza.
Quest’azione, assistita da un maggiore uso della frusta (nella mano sx), non è facile da eseguire in perfetto accordo con la meccanica del cavallo ed in perfetto coordinamento con l’azione della frusta: essa contraddistingue la capacità del cavaliere di coordinare gli aiuti(“Il coordinamento degli aiuti”).
Con il lavoro sopra descritto si può anche comprendere le esigenze del lavoro del cavallo: prima quella di ottenere una buona condizione muscolare (quando il cavallo smette di sudare sui muscoli posteriori) e poi quella di ottenere il cavallo perfettamente diritto e con la linea dorsale inarcata. Si vedrà che per ottenere quest’ultima condizione si deve lavorare da un’ora ad un’ora e mezzo. Oggi si lavora poco e male nei campi di prova: non ci si deve meravigliare quindi che i cavalli durino poco e con prestazioni alterne.
Carlo Cadorna
Buongiorno Colonnello, la ringrazio molto per la segnalazione degli aggiornamenti portati a questo articolo. Un lavoro molto interessante ed importante per tutti i cavalieri ma in particolare per quelli meno esperti che possono con questa ed altre tecniche sopperire alla mancanza di esperienza. Purtroppo vedo che queste cose vengono poco insegnate nei centri ippici. Al contrario, come anche da lei segnalato in altri articoli, si vede spesso richiedere ad allievi con poco esperienza di fare esercizi a cavallo destinati a cavalieri competenti.
Grazie ancora
Alberto Alciator
Il lavoro a mano è semplice ma non facile come sembra a noi perché presuppone una buona conoscenza della meccanica del cavallo: ma è molto utile per sviluppare lo spirito di osservazione e la sensibilità dei cavalieri meno esperti.