Il presupposto per poter effettuare questo lavoro è che il cavallo sia negli aiuti, abbia una buona libertà d’incollatura /di schiena e si tenda in avanti per effetto dell’assetto e delle gambe del cavaliere.
Lo scopo di questo lavoro è quello di insegnare al cavallo che può saltare con migliore tecnica, maggiore facilità e minore fatica in completa decontrazione.
Molti famosi cavalieri del passato e del presente hanno insegnato ad utilizzare l’effetto “resistenza della mano” per ottenere una maggiore rispondenza ed un maggiore impegno del cavallo (“Ecco un modello da imitare”). Ma la moderna fisiologia ci insegna che questo metodo, obbligando il cavallo a saltare con i muscoli dorsali in contrazione, li danneggia procurando loro delle micro-lesioni che ne condizionano negativamente l’impiego successivo.
Si spiega così l’incostanza dei risultati dei cavalieri tedeschi perché sono proprio essi a ricercare maggiormente l’effetto “resistenza della mano” (nelle foto si osserva la base dell’incollatura di Chiara che non si solleva e le mani di Ehning che non cedono).
E’ quindi necessario che tutti i cavalieri, e prima di essi le federazioni , si convincano che nella famosa scala dei procedimenti equestri la decontrazione viene per prima.
Nell’equitazione naturale il salto non è altro che un tempo di galoppo più accentuato: quindi dalla qualità del galoppo dipende la qualità del salto. Il galoppo è di buona qualità quando è “rotondo”, ritmato, unito e copre terreno: perché questo avvenga, deve inarcare la schiena, oscillare con la sua linea dorsale ed entrare, scorrendo, nella mano del cavaliere mantenendo con essa un appoggio costante (che prescinde dalla velocità) anche con il semplice aiuto del peso del corpo.
Quando il cavallo è in questa situazione, è nella situazione ideale per saltare con facilità per l’impulso e la sottomissione che essa comporta. Il cavaliere lo può quindi montare con la massima tranquillità e fiducia e portarlo a saltare.
Il lavoro all’ostacolo consiste proprio nel consolidare questa attitudine davanti all’ostacolo, quando il cavallo tende a manifestare una certa iniziativa(se è in equilibrio): questa è positiva e deve essere sviluppata soltanto se si esprime come maggiore tensione nella mano pur restando sempre sotto il suo controllo.
Se invece il cavallo cerca di uscire dal controllo(passivo) della mano, deve essere corretto fermandolo o facendo un circolo.
Conviene utilizzare un ostacolo non troppo alto ma che richieda, comunque, l’impegno del cavallo (ideale l’oxer a barriere pari o a croce- siepe o cancello al centro): non conviene mai fermare il cavallo nell’area di rigore (ultimi due tempi)perché, in questo momento, deve poter ragionare liberamente.
Con questo lavoro si potrà fermare il cavallo con azioni sempre più leggere, compiere le azioni per fermare senza fermarlo fino ad averne il controllo totale: questo consentirà di fermare, con azioni leggerissime, anche all’interno delle gabbie.
Quando il cavallo sarà riunito diventerà leggero e completamente sottomesso avendo acquisito anche la capacità di portare sotto la massa entrambi i posteriori e, quindi, di aggiustarsi da solo.
Questo esercizio serve moltissimo ad accentuare la flessione dei posteriori, tanto più marcata quanto più l’ostacolo è impegnativo. I cavalieri devono essere coscienti che sui percorsi di oggi, un cavallo che non si ferma alla minima resistenza della mano, è destinato a fare errore.
Carlo Cadorna
Per aver provato entrambe le maniere di saltare, posso dire di condividere in pieno la felice esposizione del Col. Cadorna. Ma vorrei poter chiedere se quanto riferito possa non applicarsi per un numero (ristretto) di cavalli che al fine di trovare un giusto equilibrio hanno bisogno di un più deciso controllo.
Filippo Gargallo
In assoluto, i cavalli che hanno difetti di costruzione, non dovrebbero saltare fino a che non hanno modificato, attraverso il lavoro, la struttura della schiena al fine di portare la linea dell’equilibrio del cavallo in orizzontale (perché solo in questo caso è padrone della propria massa e, nel riceversi dal salto, porta sugli anteriori il peso minimo). Ma per salti si intendono ostacoli oltre l’1,10 circa… Questo per salvaguardare il benessere del cavallo e non solo: perché in equitazione chi corre si ferma presto… Questa era la lezione che il compianto Raimondo d’I. ripeteva sempre.
Quanto riferisce il Col. Cadorna sulla incostanza dei risultati di alcuni cavalieri tedeschi e di altri che usano la resistenza della mano, dà una risposta alla mia perplessità nel vedere cavalli ai quali non è permesso di basculare nell’apice del salto cui deriva una contrazione muscolare che solo una grande potenza permette ma le cui conseguenze prima o poi si manifesteranno!
Deriva dalla diversa concezione equestre: mentre il sistema naturale ritiene che il cavallo alzi la schiena avanzando in estensione, i tedeschi ritengono che lo faccia tenendo con le mani e premendo con l’assetto. Ci riescono (a volte) con cavalli selezionati in base alla forza dei posteriori; ma, prima o poi, tutto si paga…. Inoltre è troppo comodo dare la colpa al cavallo quando un sistema non funziona! Ho appositamente postato la foto di Chiara (Beerbaum), cavalla che Giulia Martinengo ha definito”la migliore del mondo” (avendola montata): la cavalla ha la base dell’incollatura infossata e quindi nessun equilibrio naturale! In questa postura, che lo mette sulle spalle, anche il cavallo piu robusto prima o poi si rompe!
Ringrazio per tutti gli arricchimenti che posso trovare in questo scritto. Grazie Col. Cadorna; con stima, Federico.
Sono grato a coloro che li sanno apprezzare traendone vantaggio!