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IL LAVORO NEL TONDINO

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                         Lo scopo del lavoro nel tondino è quello di ottenere, senza fatica per il cavaliere né rischio per il cavallo,  il perfetto funzionamento della linea dorsale del cavallo.     

Perché questo possa avvenire è necessario il perfetto funzionamento della schiena che, a sua volta, dipende da quello della colonna vertebrale (“L’osteopatia”). 

 

 

 

 

 

Quando la linea dorsale funziona correttamente, il cavaliere che fa avanzare il cavallo sente una uguale tensione nelle sue mani che proviene dalla spinta delle leve e dei muscoli posteriori.  Questo perché il lavoro nel tondino tende a distruggere la muscolatura antagonista -quella che si oppone al movimento- ed a sviluppare quella che il movimento lo determina.

Serve inoltre a vedere, controllare  e modificare  il funzionamento della meccanica del cavallo in relazione all’esigenza di portare in piano la sua linea dell’equilibrio(“La costruzione fisica del cavallo”) attraverso l’esercizio della mezzafermata (che non è possibile con il lavoro alla corda perché il cavallo ha due indicazioni-anche quella della longhina- e non può comprendere). 

 

 

 

 

 

Per poter equilibrare il cavallo bisogna tenerlo diritto(altrimenti non vi può essere impulso): con il tondino sufficientemente piccolo (10-12 m.) questo si ottiene facilmente mettendo le spalle davanti alle anche(mettendo all’interno il posteriore che si impegna meno – lo porta in dentro, fuori asse,  per evitare l’impegno-  perché la recinzione fa da parete all’incollatura che cerca di traversarsi in fuori).  

Infine consente il pieno sviluppo della funzione di flesso-estensione e di alcuni muscoli (es.psoas) indispensabili all’addestramento del cavallo, che vengono impegnati soltanto nell’andatura del passo allungato.   Infatti, quando il cavallo è riunito ed ha sviluppato una grande tensione sulle redini, conviene insistere con questa andatura(2 ore) per ottenere i maggiori risultati.

Quindi l’effetto del lavoro nel tondino viene moltiplicato se svolto anche con l’aiuto dei cavalletti  perché, favorendo la flessione delle articolazioni, aumenta l’impegno muscolare.

Il cavallo che ha svolto un periodo sufficiente di lavoro nel tondino non sarà soggetto agli sforzi (mollette, vesciconi, flemmoni…)che purtroppo colpiscono i posteriori di molti giovani cavalli. 

Proprio perché nel tondino il cavallo lavora diritto, con i quattro arti perfettamente in asse,  non vi è alcun logorio delle articolazioni come invece avviene, per esempio, nel lavoro alla corda(torsione dei garretti sotto sforzo):  ecco perché il lavoro nel tondino viene classificato come “lavoro in libertà”.  

Perché questo lavoro ottenga il risultato desiderato è necessario che il cavallo sia munito di redini che consentano lo sviluppo della tensione dorsale ma senza interferire(anzi favorendolo) con il funzionamento corretto di bilanciere dell’incollatura.  A questo scopo devono essere abbastanza lunghe da permettere la completa estensione dell’incollatura(con il naso in avanti) ma non troppo in modo che, facendole passare nel sottogola,  favoriscano– attraverso una leggera pressione sulla nuca- la mezzafermata.

 La lunghezza delle redini è fissa, nel senso che devono essere regolate con visione “futura”:  all’inizio serviranno ad ottenere la mezzafermata, alla fine a mantenere il cavallo in estensione d’incollatura.  Se il cavallo, evidentemente molto rigido, resiste con la bocca, si può aumentare l’azione sulla nuca accorciando il sottogola. 

Per ottenere questi scopi conviene regolarle, all’inizio, tenendo conto della struttura del cavallo.  Con un cavallo con le anche alte e rigide è prioritario ottenere la flessione delle articolazioni alte posteriori  con il lato interno alquanto più corto perché favorisce l’impegno del posteriore interno.  La ginnastica del posteriore interno attraverso la flessione delle articolazioni alte (“Lo sviluppo della funzione di flesso estensione”) favorisce la spinta quando quel posteriore viene messo all’esterno.  

 

E’ da tener presente, che contrariamente a quello che si può pensare, le redini esercitano una pressione sulla linea dorsale anche quando sono molto lente: è un fatto che ho accertato con l’esperienza e ritengo che sia dovuto alla circostanza che sono fisse.  Quello che cambia è l’effetto sul posteriore: quando sono lente provocano soltanto l’impegno dei posteriori; quando si tendono la flessione delle anche e la rotazione del bacino(“La riunione”).

Mano a mano che la flessibilità delle due anche si pareggia la differenza deve diminuire fino a metterle quasi pari sul cavallo riunito.  La necessità delle redini diminuisce nel secondo periodo dell’addestramento e viene meno nel terzo: conviene utilizzare semplicemente un capezzone con una nasiera efficace (es. in metallo rivestito).  

L’imboccatura deve essere dolce e favorire l’appoggio corretto: consiglio perciò un filetto rigido adattato con i montanti piuttosto lunghi in modo da andare ad appoggiare sulle barre e favorire la masticazione.  Il lavoro deve essere iniziato al passo allungato e sviluppato per almeno due ore fino a che il cavallo non abbia raggiunto una buona condizione muscolare (almeno 2 mesi). 

Il cavaliere deve soltanto “sentire” il cavallo con la longia e seguirlo puntando con la frusta in direzione dell’anca interna.  All’inizio del lavoro conviene agganciare il moschettone all’anello interno del filetto  in modo che il cavaliere possa “sentire” la bocca del cavallo abbandonata nella sua mano;  quando il cavallo è riunito  e sostiene l’incollatura, conviene passare il moschettone nell’anello interno  del filetto ed agganciarlo a quello esterno perché, tenendo il cavallo diritto, si facilita l’estensione dell’incollatura e la compressione da parte del cavallo (perché ha una sola indicazione dalla redine interna).  Il cavaliere deve sentire della tensione nella sua mano che provoca la flessione dell’anca interna:  quando questa si verifica, il cavallo si distacca dalla mano(come nel cavallo montato).

Se il cavallo tende a stringere il circolo bisogna mandarlo in avanti fino a che lo allarga da solo.

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Quindi si può iniziare con delle transizioni al trotto: quando il cavallo rientra al passo si può apprezzare (se resta nell’appoggio corretto) se ha fermato la schiena.  Nella misura nella quale la schiena si fortifica e si decontrae si possono allungare le riprese di trotto. 

Conviene cambiare spesso di mano perché i due posteriori  sono interdipendenti (“L’equitazione nell’ottica delle funzioni”);   soprattutto quando il cavallo mastica, perché significa che, a quella mano, è diritto e conviene dedicarsi a raggiungere lo stesso risultato dall’altra parte.  

Il cambio di mano deve essere anche l’occasione per far riprendere fiato al cavallo che deve riuscire a farlo velocemente:  ove il sopra fiato  persista, significa che si è lavorato a sufficienza.   

 

 

 

 

 

 

 

          Il lavoro nel tondino, se affrontato con sufficiente conoscenza della meccanica del cavallo e sviluppato su una durata sempre più lunga, può dimezzare il tempo occorrente per costruire e mettere in equilibrio un cavallo(con un cavallo vergine un anno);  a questo vantaggio si aggiunge la grande qualità del lavoro che consente di effettuare e la possibilità di iniziarlo con un puledro molto giovane(un anno e mezzo-due a seconda dello sviluppo) perché non deve portare il peso del cavaliere.  Inoltre consente di curare un cavallo con problemi di locomozione senza controindicazioni. 

Consiglio di lavorare lungamente, i cavalli in formazione,  prima di montarli.  Con i cavalli avanti di lavoro conviene utilizzarlo per asciugarli dopo il lavoro montato:  un’ora di solo passo è l’ideale.

 

 

 

 

 

Infine, offre la comodità di poter mantenere facilmente il cavallo in forma con poca fatica per entrambi, cavaliere e cavallo (“La leggerezza”).  Infatti, in un cavallo avanti di lavoro, il lavoro nel tondino può costituire la base giornaliera ideale alla quale aggiungere 3-4 lezioni montate settimanali.

Nelle ultime sei fotografie postate si può seguire tutto l’addestramento del cavallo(Utah):  nella prima -a dx- si può osservare il cavallo, acquistato da poco.  E’ tutto sulle spalle perché il posteriore è attaccato male (c’è un buco nella zona lombare) e quindi è lontano e non riesce a portare peso.  Non ne avevo ancora scoperto la ragione:   due gravi contratture muscolari (ora ha due cicatrici di 10 cm.) nel posteriore sx  dovute a compensazione (“L’osteopatia”).  Accanto si rivede il cavallo due anni dopo:  la contrattura è stata curata, il posteriore si impegna ma ne è evidente lo sforzo.  Nelle due foto successive si vede lo stesso cambiamento a mano dx.  Nella quinta foto (circa tre mesi dopo) si può apprezzare come lo sforzo muscolare del posteriore sx sia notevolmente diminuito.  Infine, nella sesta foto(sei mesi dopo) si può apprezzare come il cavallo ha modificato, attraverso la flessione delle articolazioni alte posteriori, la postura e quindi la direzione di spinta delle leve posteriori:  i posteriori sono bene impegnati sotto la massa ed i muscoli non fanno più alcuno sforzo ((“Le fasi dell’addestramento”).

Per concludere, il lavoro nel tondino costituisce una parte importante(70%) nel lavoro del cavallo secondo il metodo di equitazione naturale.   Se ben condotto si integra perfettamente con il lavoro montato:  in un cavallo riunito non vi è praticamente alcuna differenza e conviene svolgerlo esclusivamente al passo allungato dal momento che la tensione dorsale provoca una flessione accentuata delle articolazioni posteriori.   Per accentuare al massimo questa flessione ho trovato vantaggio a restringere il circolo a otto metri, cambiando di mano ogni volta che il cavallo mastica.

Quando il cavallo ha imparato a restare fermo con l’incollatura sostenuta, il lavoro nel tondino ha svolto la sua funzione principale e può essere sostituito vantaggiosamente dal lavoro a mano(“Il lavoro a mano”) che deve accompagnare tutta la carriera del cavallo, alternato a quello montato.

 

                                                                                              Carlo Cadorna                                          

 

8 Responses to “IL LAVORO NEL TONDINO”

  1. Alberto Alciator #

    Se il Colonnello Cadorna me lo permette vorrei aggiungere quanto questo lavoro può essere utile agli allevatori per preparare i loro cavalli giovani prima di affidarli ai cavalieri che poi li porteranno in gara. (o anche nelle pause tra un concorso e l’altro) Purtroppo a causa di vari fattori è molto difficile che i cavalieri si occupino così scrupolosamente della preparazione fisica dei cavalli a loro affidati con la conseguenza inevitabile che dopo un inizio di carriera apparentemente brillante molti cavalli, soprattutto i più generosi, hanno un crollo delle prestazioni o diventano difficili da montare.

    Questo è un cavallo che ho conosciuto l’anno scorso:

    https://www.youtube.com/watch?v=_bCtXVE6Tek

    qui aveva sette anni, l’anno successivo non era possibile neanche metterlo al trotto.

    Alberto Alciator

    21 Maggio 2014 at 18:38 Rispondi
    • lastriglia #

      Il cavallo postato, dopo i primi salti, ha infossato la base dell’incollatura e quindi non era più in grado di saltare con facilità. Problema dovuto alla mancanza totale di lavoro di base. Quello che si può osservare nelle foto del mio cavallo è proprio come, attraverso il lavoro nel tondino (ma non solo) le anche si sono abbassate e, di conseguenza, la base dell’incollatura (il garrese) si è sollevata. Per dare un’idea ai lettori dei problemi fisici di questo cavallo (certamente un caso limite!) sappiano che, fino a pochi giorni fa, si rifiutava di galoppare destro: tra non molto anche i più scettici si convinceranno… Oltre ai puledri questo lavoro sarebbe l’ideale per i purosangue, almeno nell’inverno d’ingresso nel secondo anno. Ho proposto alla Presidente dell’A.N.A.C. di fare un esperimento in questa direzione ma non ho ricevuto alcun riscontro….Grazie Alberto, per la fiducia!

      22 Maggio 2014 at 06:08 Rispondi
  2. grazie di tutte le preziose informazioni che possiamo raccogliere dalla ,,striglia saranno utili oggi e nel futuro.grazie dalla famiglia Petitti.

    5 Giugno 2014 at 10:44 Rispondi
    • lastriglia #

      Il Suo apprezzamento è per me motivo di orgoglio. Grazie!!!

      5 Giugno 2014 at 13:54 Rispondi
  3. Silvia #

    Il lavoro nel tondino per come lei l ha descritto è utile anche senza nessun finimento? Glielo chiedo perché io monto senza imboccatura e vorrei continuare a non metterla nemmeno nel tondino.

    10 Giugno 2016 at 13:11 Rispondi
    • lastriglia #

      Il finimento da mettere è descritto nelle foto: deve usare l’imboccatura ma poi la può togliere ed usare solo una capezza. Vedrà che il cavallo va molto meglio! Senza imboccatura il cavallo non sviluppa muscolatura dorsale che è necessaria anche per la salute ed in definitiva per il benessere del cavallo.

      10 Giugno 2016 at 13:27 Rispondi
  4. Alberto Alciator #

    Buongiorno Colonnello, a proposito di finimenti da utilizzare nel tondino o nel lavoro alla corda più in generale ho visto molti addestratori utilizzare le redini Fillis. Personalmente non le utilizzo perchè mi sembrano troppo costrittive in particolare per cavalli con qualche problema fisico come quelli con cui lavoro spesso io. Potrebbe darmi un suo parere sull’utilizzo di questo redini.

    Grazie

    Alberto Alciator

    24 Ottobre 2018 at 11:18 Rispondi
    • lastriglia #

      Negativo su tutti i tipi di redini ad eccezione dello Chambon se messo piuttosto lungo in modo che l’incollatura possa stare in posizione naturale. La redine che uso io agisce come uno chambon ma assicura il contatto anche quando il cavallo cede. Quando il cavallo porta l’equilibrio in piano meglio una semplice capezza da lavoro. Quando la muscolatura funziona bene, meglio dedicarsi al lavoro montato perché è più produttivo.

      24 Ottobre 2018 at 12:54 Rispondi

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