L’Equitazione premia la riflessione intelligente e la cultura, meno, anzi pochissimo, l’uso dei muscoli. Questo perché il cavaliere è innanzitutto l’allenatore ed il preparatore del proprio cavallo che è l’atleta.
Sorprende quindi l’affermazione di un ” pilota di cavalli” tedesco(M. Kutscher), pubblicata su una nota rivista italiana, secondo la quale il cavallo con il lavoro in piano non sviluppa affatto i muscoli necessari per il salto che si svilupperebbero soltanto saltando. Si afferma in sostanza che si prepara un cavallo per saltare con un metodo che non lo predispone al salto (nella foto si può osservare come i posteriori del cavallo siano lontani dalla seduta del cavaliere e la base dell’incollatura sia affossata, in una parola come il cavallo non sia piazzato). Poiché questo ragionamento è affetto da stupidità manifesta non credo che i cortesi lettori abbiano bisogno di altra spiegazione. Essi converranno con me che il ragionamento deve essere ribaltato: bisogna stabilire qual è la tecnica migliore per saltare e poi sviluppare il lavoro in piano in modo da predisporre il cavallo all’utilizzo di questa tecnica.
Essa, almeno per i cavalieri di maggiore successo, prevede la ricerca dell’equilibrio tra un ostacolo e l’altro, dell’impulso in area di rigore. Appare quindi logico che il lavoro in piano debba tendere a formare un cavallo che sappia mantenere DA SOLO un buon equilibrio determinato dal “coprire spazio” e quindi dallo sviluppo della funzione di flesso estensione ( “Lo sviluppo della funzione di flesso-estensione”). Inoltre questo cavallo dovrà consentire al cavaliere di “mettere le gambe”: lo potrà fare se è distaccato dalla mano. Significa che si alleggerisce premendo nella mano del cavaliere con la linea dorsale: possibilmente anche masticando il ferro perché significherebbe che i due laterali hanno sviluppato la stessa spinta.
Purtroppo, il lavoro che si vede effettuare nei campi di prova risponde raramente a questi requisiti. Scriveva uno dei più grandi istruttori e cavalieri dell’anteguerra, Francesco Formigli (nella foto su Suello, un ex cavallo da corsa di mio Padre):”Non è colpa del Sistema se cavalieri che si presumono bravi lavorano il cavallo trottando e galoppando sul posto con paurosa monotonia. Il lavoro dovrebbe essere esattamente il contrario: stimolare il cavallo ad assumere ed a mantenere per lunghi tratti le andature allungate, in un continuo alternarsi di movimenti allungati, accorciati e di fermate”.
Appare quindi sorprendente la direttiva federale, all’inizio del nuovo secolo, secondo la quale il lavoro in rettangolo sarebbe la migliore preparazione per il salto. Infatti è un’affermazione che non ha alcuna base logica e contrasta violentemente con la realtà: basta guardare la prova di salto ostacoli del completo per convincersene! Sono rarissimi i cavalli che usano la schiena.
Il compianto Raimondo d’Inzeo in una non lontana riunione tecnica federale, pose con insistenza questo problema; ma nessuno dei responsabili lo ascoltò…
Carlo Cadorna
Sin da giovanissimi abbiamo imparato che bisogna lavorare il cavallo, anche in campo prova, aumentando l’andatura del galoppo (magari ponendosi sull’inforcatura) sui tratti lunghi del campo e rilevandosi e quindi accorciando l’andatura sui tratti corti. A questa informazione di base, in un lontano campo prova di un lontano concorso ippico, il Col. Cadorna mi suggerì di aggiungere delle fermate e quindi, dopo pochi tempi di passo, riprendere il galoppo.
Posso dire che per me ha sempre funzionato!
Sempre interessanti questi articoli di tecnica,
Cordialmente,
Filippo Gargallo
Grazie!!!